Musica e mosaico in San Marco

Il Bello Trovato con Alessandro Serena

Musica e mosaico in San Marco

C'è un luogo particolarmente affascinante dove la musica si ammanta di mosaico e lo intreccia splendidamente: la Basilica di San Marco a Venezia.

Più volte l’ho visitata, ma ho avuto la fortuna di vivere due eventi particolari al suo interno, uno come attore e uno come spettatore, di un grande concerto di musica. Nei tempi esaltanti di vita del coro polifonico in cui cantavo da tenore, l’associazione di cultura italo tedesca di Venezia ci ha coinvolto nella esecuzione del Te Deum di Nicolaus Betscher e della Messa in sol maggiore di Schubert, per soli, coro e orchestra, diretti dal maestro Alexander Sumski con la sua orchestra Collegium Musicum dell’università di Tubinga. Era il 1986. Tensione, sudore e brivido, con le statue scure dell’iconostasi a cantare con noi musica eterna e la pala d’oro alle spalle, prezioso simbolo di magnificenza; e davanti: grande orchestra e grande pubblico padrone dello spazio sacro. Ma che stupore sentirsi avvolti e compresi entro un’architettura imponente, piena di riflessi dorati e mosaici di pregnante eloquenza, per il pensiero di lunga e gloriosa storia che l’intensità della musica esaltava.

La seconda volta nel 2010 su invito, ad ascoltare il Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi, diretto dal maestro Davide De Lucia per la Fondazione Levi. Incanto emozionante a seguire i fraseggi di voci e strumenti perdersi nello sfolgorio dei mosaici inondati d’oro: luce e musica avvinghiate alla trascendenza. Nelle pause, gli estasiati discorsi con la mia famiglia andavano alla storia di Monteverdi, maestro di cappella in San Marco per 30 anni nella prima metà del ‘600, e che molte volte ho raccontato in concerti di coro per presentare i suoi superlativi madrigali: “ecco mormorar l’onde”, “sfogava con le stelle”, “ah dolente partita”.

Chissà quanta ispirazione per la sua moderna musica ha tratto dai mosaici: magnificenza per magnificenza, nel periodo più fulgido della Serenissima. In otto secoli di lavoro sono stati realizzati là oltre 8000 metri quadrati di mosaico tra pareti, volte e cupole, su vasto fondo oro ritenuto secondo la tradizione orientale il colore di Dio. Mostrano allegorie di storie bibliche con figure di Cristo, la Vergine, San Marco e altri. Arte sacra meditata da Tintoretto, da Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Paolo Veronese, Palma il Giovane, Francesco Salviati, l’Aliense, Maffeo da Verona, Pietro Vecchia, Tiziano Vecellio. Anche Domenico Bianchini nato a Udine, di giorno faceva il mosaicista sui cartoni di Salviati e Tintoretto, di sera componeva musica e suonava il liuto (liutista testimoniato ad un concerto nel 1544, affiancato da due cantanti, un flautista, due violisti, due cornettisti, un clavicembalista ed un violinista).

Ma quella sera nel canto modulato del Vespro di Monteverdi, musica tra le più raffinate prodotte dall’ingegno umano, che ha aperto la prospettiva del barocco e dell’opera lirica, il tempo era tutto preso ad inseguire le note e perso tra i bagliori spaziali e gloriosi della Bellezza, tanto che a pensarci mi sento ancora felice e fortunato.

Fuori poi, quella notte c’era un altro incanto, condiviso con la mia splendida moglie, un indimenticabile notturno di poesia sulle note del canal grande e dei riflessi di luna.

Tag: Bello trovato, Alessandro Serena, San Marco, Venezia

Autore: Alessandro Serena megazine@megmarket.it