In Sicilia gli antichi vitigni baciati dal sole

Oggi si contano un centinaio di vitigni autoctoni selezionati e catalogati, dei quali oltre una ventina danno vita a vini di grande qualità, con ben 19 DOC

In Sicilia gli antichi vitigni baciati dal sole

Olivo, frumento e vino erano la ricchezza dell’antica Selinunte greca, situata sulla costa sud-occidentale della Sicilia, nell'odierna provincia di Trapani.

Prima di allora già i potenti Fenici coltivavano la vite sulle terre della bella Trinacria, ma furono i Greci ad introdurre la potatura e la coltura ad alberello di diverse varietà, importate direttamente dalla loro terra d’origine.

I vitigni greci erano gli antenati dell'Inzolia, del Grecanico e del Catarratto, gli attuali vitigni autoctoni siciliani a bacca bianca.

Lo sviluppo della viticoltura in Sicilia si consolidò ulteriormente nel periodo del dominio romano e da qui raggiunse le altre terre dell’impero.

Si dice che il vino colonizzò più che le guerre, diventando un elemento fondamentale di quella romanizzazione che rese grande il potere di Roma, dalla Francia alla Germania, dalla Spagna fino alle province più orientali.

Vasi, vinari, coppe e crateri ritrovati nelle aree archeologiche di Selinunte, Agrigento, Siracusa, raccontano l’importanza della vite e del vino come parte fondamentale della vita e della cultura romana e furono addirittura coniate delle monete d’argento per celebrare i preziosi grappoli.

Sembra che il Mamertino, dedicato a Marte dio della guerra, fosse il vino preferito da Giulio Cesare e che il Faro piacesse a Plinio il Vecchio, che lo considerava tra i più pregiati in assoluto.

Dopo il breve declino seguito alla dominazione araba, la viticoltura siciliana riprese vigore nei secoli successivi, con gli Aragonesi prima e i Borbone poi.

Fu proprio nel periodo di governo dei Vicerè, verso la seconda metà del 1700, che l’Inglese Woodhouse ebbe l’intuizione di commercializzare in patria un vino liquoroso che aveva per caso assaggiato durante il suo soggiorno in Sicilia, chiamandolo Marsala, in onore del porto che aveva ospitato la sua nave.

Pochi anni dopo il vino Marsala era ormai abitualmente bevuto su tutte le navi di Sua Maestà britannica.

Superato il problema della filossera di fine ‘800, si è provveduto al reimpianto di tutte le varietà di viti siciliane e dagli anni ’60 in poi l’enologia dell’isola non si è più fermata, raggiungendo gli odierni eccelsi risultati.

Le vigne di famiglia sono state riscoperte e le produzioni di massa sono state quasi completamente abbandonate a favore di un prodotto di alta qualità, che mira alla valorizzazione delle specie autoctone più importanti dell’isola, frutto del felice terroir locale i cui elementi principali sono: tradizione, clima e terreno.

Oggi in Sicilia si contano un centinaio di vitigni autoctoni selezionati e catalogati, dei quali oltre una ventina danno vita a vini di grande qualità, con ben 19 DOC.

Tra le uve a bacca rossa citiamo ad esempio il Nero d’Avola, il Nerello Mascalese e Cappuccio, il Frappato, l’Alicante, il Perricone, la Nocera, mentre tra le varietà a bacca bianca, oltre alla famosa Inzolia, sono da segnalare il Grecanico, il Catarratto, il Carricante, la Malvasia di Lipari, lo Zibibbo, il Moscato di Siracusa e il Grillo.

L’ultima frontiera, che attesta l’assoluta unicità e peculiarità del vino siciliano, è la produzione biologica, che unisce la moderna tecnologia con metodi di coltivazione e vinificazione rispettosi di ambiente e terreno, alla tradizionale cultura del vino e al sapere della civiltà contadina, gelosamente custoditi e tramandati di generazione in generazione.

Perché piantare una vigna è come unirsi in matrimonio con la terra, nella buona e nella cattiva sorte.

Tag: Sicilia, vino, Marsala, Nero d’Avola, Nerello Mascalese, Cappuccio, Frappato, Alicante, Perricone, Nocera, Inzolia, Grecanico, Catarratto, Carricante, Malvasia di Lipari, Zibibbo, Moscato di Siracusa, Grillo, DOP, Sicilia, Regione Siciliana, turismo, vino, italia.it

Autore: M. N. megazine@megmarket.it

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