Storia di un territorio, storia di un’azienda, storia di una famiglia. Il Prosciuttificio Wolf nasce in un luogo incantato nel cuore delle Alpi Carniche e si appresta tra poco a festeggiare i 160 anni di ininterrotta attività. Per l’occasione, abbiamo incontrato Claudio Pravato che ci ha raccontato la nascita, lo sviluppo e i segreti di questa particolare realtà.
Buongiorno Claudio. La vostra è un'azienda storica, quando e come nasce?
Facciamo risalire tutta la nostra storia al 1862 quando è nato Pietro Schneider che era il nonno di quello che è stato il fondatore dell’azienda, il signor Giuseppe Petris detto Beppino che ha curato gli ultimi 60 anni di Wolf. Il nonno ha insegnato al nipote l’arte della norcineria, all’epoca andavano nelle famiglie quando dovevano macellare il maiale e Giuseppe si è subito appassionato, scoprendo inoltre di essere portato per quest’arte. A circa 20 anni, si è armato di un grandissimo spirito imprenditoriale e dico grandissimo perché la nostra comunità è composta da circa 300 persone ed è un paese piccolissimo vicino alle montagne. All’epoca c’erano solo delle case con la gente che viveva con quello che il bosco riusciva a offrire in termini di legname, con una o due mucche e un maiale (ce n’era uno per famiglia). In una realtà quindi quasi di sopravvivenza, Beppino ha iniziato a chiedere ai vicini qualche coscia di maiale per trasformarla in prosciutto da commercializzare. Ha iniziato con pochissimi prosciutti all’anno e quando riteneva che fossero pronti, li portava in pianura e cominciava a proporli alle trattorie di allora. In questo modo, ha creato due cose nello stesso tempo: il mercato e la produzione in maniera graduale, fino a quando negli anni ’80 ha deciso di fare il grosso salto e ha costituito la prima parte dello stabilimento attuale che poi si è ingrandito con le nuove generazioni fino ad arrivare alla situazione odierna.
Qual è il segreto del vostro successo?
Il segreto non è un segreto però è un qualcosa che non si può produrre facilmente in nessun altro luogo del pianeta. Quello che noi abbiamo sempre continuato a fare perché apparteneva alla tradizione dei nostri nonni e bisnonni è l’affumicatura, affumichiamo tutti i nostri prodotti. Se una volta era indispensabile per conservare il prodotto, con il tempo è diventato un valore aggiunto molto importante per noi perché lo rende unico. Anche il modo di affumicare è unico: usiamo ancora i caminetti e la legna di faggio, bruciamo la legna e creiamo questo fumo che lascia un aroma molto particolare sul prodotto. Inoltre, per stagionare i prosciutti sfruttiamo il microclima che c’è a Sauris, per questo motivo abbiamo ottenuto già da parecchi anni l’Indicazione Geografica Protetta (IGP).
Quanto è importante il territorio per un'attività come la vostra?
La nostra attività conta circa 50 collaboratori, abbiamo una produzione di 50/60.000 prosciutti, oltre 100.000 speck ma produciamo anche salsicce, ossocolli ecc. In un piccolo paesino come il nostro, riusciamo a dare lavoro a molte famiglie creando benessere all’interno della valle. Il territorio per noi rappresenta motivo di orgoglio.
Qual è il vostro approccio alla sostenibilità?
La sensibilità c’è ed è grandissima, in azienda siamo arrivati ormai alla terza generazione e i giovani più che mai sono attenti a questo aspetto. Il nostro approccio è naturale perché viviamo in una valle alpina. La sostenibilità consiste anche nel reimpiantare gli alberi, proprio in questi giorni in occasione del nostro 160° anno andremo a impiantare una foresta di 2.500 alberi quasi a fianco dell’azienda, foresta che è stata distrutta 4 anni fa da una grandissima tempesta. Stiamo anche attenti nei vari packaging e utilizziamo solo materiale compostabile e biologico.
Quali sono i vostri prodotti di punta?
Senz’altro il prosciutto che è la nostra bandiera, seguito dallo speck che è conosciuto ancora di più del prosciutto. Il nostro non ha spezie o aromi particolari, lasciamo che sia la qualità della carne con l’affumicatura a conquistare il cliente.