Quando il tempo ruba lo spazio

Ma non è colpa sua, ben altro regala

Quando il tempo ruba lo spazio

 

Ovviamente non si fa qui un ragionamento strettamente geofisico, è invece per dire l’impressione che si ha guardando come sono sempre interlocutrici le nostre più belle dolomiti, le Tre Cime di Lavaredo. Potevano essere in origine, quando sono emerse dal mare, tre imponenti monoliti di dolomia con tracce di frammenti corallini, invece nel tempo l’erosione data dagli avvenimenti climatici le ha scanalate, frastagliate a pinnacoli, tanto che oggi non è immediato riconoscerne la terza cima guardandole da una sola parte.

Eppure hanno un fascino assoluto, contese tra Alto Adige e Veneto, emblema di parco delle dolomiti, patrimonio dell’umanità UNESCO, meta continua di epiche imprese di camminatori e rocciatori e tutto sommato anche facili da raggiungere, alla loro base. Il giro delle Tre Cime è un classico per chi ama la montagna, servono comunque buone gambe per farlo completo. Da lassù si vedono panorami da contemplare, che riconciliano col senso del creato, con la storia misteriosa del mondo.

Purtroppo anche con la storia rovinosa delle guerre dello scorso secolo, sempre, comunque, dovunque, insensate. Trincee e cunicoli che sbucano sulle cenge raccontano ancora i sacrifici degli alpini a difendere la patria, sul monte Piana, sul Paterno, sulle ‘cime’ 11 e 12, il Popera, la Croda dei Toni. Sulla linea frastagliata dell’orizzonte, si identificano le montagne più note: i Cadini e le Marmarole, l’Antelao e il Sorapis, il Pelmo e la Marmolada, il Becco di Mezzodì e le Tofane, il Cristallo, la Croda del Becco, la Croda Rossa, il Picco di Vallandro, i Tre Scarperi e i Baranci, fin lontano la Vetta d’Italia e più in là il Glossglockner.

Camminando a passi lunghi e ben marcati su mulattiere e sentieri delle alte vie, gli incontri belli non mancano, i richiami delle marmotte, il volteggiare calmo e signorile delle aquile, e più in basso nelle pinete l’apparizione fuggitiva di qualche ungulato o di un raro gallo cedrone, che donano un puntuale e rinnovato senso di vita. Cirmoli e Larici guardiani della natura e i vari abeti e i mughi accarezzati dal vento fanno musica di ombre e luci sui pendii.

Così è gioco obbligato cercare i mirtilli nascosti, o il nome di tanti fiori, si trovano quelli che rispondono alla propria felice memoria: le stelle alpine, le genziane, la nigritella al profumo di cioccolato sugli alti prati, il giglio Martagone, le foglie di farfara. E sempre nelle alte vie ci si dà il saluto quando si incrociano altre persone e chi primo vede cede il passo; straordinario esempio di umana parità, senza distinzione di lingua e di genere, tutti un po’ incantati e tutti più ricchi di meraviglia. 

 

Alessandro Serena

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