La Pieve d'Asio con balcone sul Friuli

Il racconto di Alessandro Serena

La Pieve d'Asio con balcone sul Friuli

Alcuni luoghi, per come possono essere vissuti, sono più accattivanti di altri, nonostante il raggiungerli in auto richieda impegno alla guida, per qualche strettoia e qualche tornante. Una volta raggiunti, in una giornata di cielo limpido, il panorama è di quelli che regalano meraviglia.

Alle falde delle prealpi carniche, quasi persa in mezzo al bosco, da 13 secoli sta la Pieve di San Martino, col suo breve prato che sporge a sud, a balcone sul Friuli. Da lì lo sguardo segue gli andamenti sinuosi dei banchi di ghiaia e i rami azzurri del fiume Tagliamento, che sbuca dietro il monte di Ragogna (più volte teatro di guerra, napoleonici contro austriaci, resistenza all’invasione nel 1917, partigiani nella seconda guerra mondiale, e chissà quante altre prima) e scorre ancora libero fino alla lingua d’argento del mare all’orizzonte.

Un fiume via di commerci, risorsa di materiali e lavoro, rifugio prezioso di fauna, incantevole visione di storia e vita.

La pieve, eremo o presidio difensivo già dei longobardi, poi dei carolingi che avevano san Martino di Tours, uno dei primi santi onorati dalla Chiesa con culto pubblico, quale simbolo religioso della potenza franca, fu chiesa madre per le comunità delle val d’Arzino e val Cosa. Ha figliato due paesi, discosti una passeggiata, a est Vito d’Asio, a ovest Clauzetto, che ancora se ne contendono il possesso: sta infatti in comune di Vito, ma in parrocchia di Clauzetto.

Per fortuna oggi il parroco è uno solo per i due paesi. Di recente sono finiti i restauri di affreschi e del più grande altare in pietra del rinascimento friulano.

Tra il 1525 e il 1528, appena dopo la ricostruzione della chiesa nel 1503, Giovanni Antonio Bassini, da Carona di Lugano, dettosi Pilacorte (1455-1531), vi scolpì un imponente altare su tre registri a trittico sopra la mensa, con figure in altorilievo e ricca decorazione in bassorilievo nelle cornici. Nel 1563 era stato dipinto e dorato, alla moda dei preziosi altari lignei. L’oro è sparito ma almeno i restauri hanno lavato le facce annerite.

Si trova lì una mirabile sintesi illustrativa della fede e della comunità, della teologia e della politica, della cultura rinascimentale e della maestria artistica del Pilacorte.  Nella linea centrale dal basso salgono le immagini teologiche, il tabernacolo tra due angeli inginocchiati, la Madonna in trono con bambino, la natività dove i cherubini chiudono uno spazio che dà luce al neonato, il crocifisso con Maria e gli amici di Gesù, tra il bene e il male dei ladroni e in corrispondenza di chiesa e castello, la colomba nel timpano sovrastato dal ‘Salvator mundi’, il Padre Eterno dipinto nella chiave quadrata dei costoloni della volta. Dunque in successione: lascito del memoriale, titolo ecclesiale, nascita, morte, resurrezione di Gesù e Trinità.

Nelle metope laterali il san Martino a cavallo, opposto a San Giacomo (patrono dei cappellai quale inventore del feltro, e patrono di Clauzetto) e Maria Maddalena (patrona di Flagogna), con sopra rispettivamente da una parte santa Margherita d’Antiochia (che ha squarciato la pancia al serpente, patrona di Anduins), santa Caterina d’Alessandria e san Giovanni evangelista con libro e calice (due santi intellettuali), dall’altra san Michele Arcangelo (che pesa le anime con una urlante caduta in basso, patrono di Vito d’Asio) con San Nicola (patrono di Castelnuovo). Negli architravi superiori una teoria di cherubini e in alto il sole e la luna in linea con i lati del timpano, sormontati da due arcangeli.

Le colonne sono decorate a candelabre e accennano a prospettiva. Alla base di una parastra laterale un fauno tiene in mano l’autoritratto del Pilacorte. Vi è grande raffinatezza rinascimentale nei tratti espressivi di tutte le figure, nella resa dei panneggi, con una ricerca di bellezza sicura e frutto di sapiente lavoro scultoreo. Anche questo in fondo è un balcone sul Friuli, perché illustrazione emblematica della sua storia di comunità e della sua anima religiosa.

Autore: Alessandro Serena megazine@megmarket.it

 

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