Colori d’autunno e l’ibis eremita

Le emozioni delle immagini nel racconto di Alessandro Serena

Colori d’autunno e l’ibis eremita

Più delle parole a volte le immagini sono talmente suggestive che parlano da sole e muovono pensieri ed emozioni dentro la memoria.

Ma poi servono parole per comunicare l’esperienza della meraviglia e condividere la gioia di apprezzarla. Succede anche in questo autunno intenso, in cui le migliori manifestazioni sono i colori della natura e le apparizioni di viventi che tracciano punti di cultura e storia.

L’assembramento dei faggi, nella valle di Preone in Friuli come in tante altre delle Prealpi, non ha limiti allo sfilare casualmente ordinatissimo dei colori, ogni giorno diverso, dai verdi al giallo, al rosso, al marrone, fino al grigio dei rami nudi. Ed è vita cosmica da contemplare la luce di taglio che fa esplodere gli aceri contro gli azzurri del cielo o davanti ai verdi statuari e luccicanti di una grande magnolia.

E sono sfacciatamente rossi i gladioli, imperterriti a sfidare il freddo, come gladi insanguinati vittoriosi tra fili d’erba e foglie stanche, mentre sopra gemme come perle già brillano gloriose su oscuri rami.

Poi capita anche l’incontro straordinario in un prato incolto della zona industriale: l’ibis eremita, con i colori che non ti aspetti: rosa, rosso, nero, blu metallizzato. Era quasi scomparso da 300 anni, ora eccoli lì, una ventina di esemplari a sondare il magro terreno. Arriva, dicono i reperti fossili, da 1,8 milioni di anni fa.

Nell’Egitto antico era adorato come reincarnazione dello scriba degli dèi, Thoth, il Caronte di allora che segnava il peso dell’anima nel giudizio finale, e nei geroglifici rappresentava la parola ‘risplendere’, dati i riflessi metallici delle sue piume. Poiché è migratore e il suo ritorno a nidificare coincide con la bella stagione, in alcuni luoghi tramandano invece che sia stato uno dei primi uccelli liberati dall’arca di Noé, perciò simbolo di fertilità.

Nelle 12 metope del tempio di Zeus ad Olimpia poi, si racconta che per la sesta delle fatiche, Ercole doveva uccidere gli ibis che infestavano il lago Stinfalo, poiché nella mitologia si temevano come frecce mortali le loro piume metallizzate. Ad un certo punto comunque cominciarono a scomparire, plausibilmente per qualche virus, poiché vivono assembrati in gruppo, nonostante il nome che li dice eremiti. Nel 1550 l’arcivescovo di Salisburgo decretò il divieto, per tutti salvo i nobili, di ucciderli, rendendoli di fatto una delle prime specie protette. Tuttavia negli ultimi tre secoli prima del nostro, quasi scomparvero. Non c’erano vaccini per loro, e certamente impossibili le mascherine.

Oggi vengono allevati in cattività, o in semilibertà, o gli si insegna di nuovo a riprendere buone rotte migratorie, guidando qualche gruppo con i deltaplani a motore dall’Austria alla Toscana, a svernare nell’oasi di Orbetello. In Friuli, a Fagagna, già famosa per ospitare nidi di cicogne, prolifera una piccola colonia di ibis eremita che circolano liberi e docili fin sui nostri magredi.

Non protestano, non invadono i centri storici, non fanno sit-in, ma regalano colori particolari, stupende immagini di vita, e suscitano pensieri di intelligente speranza per buona natura e vera libertà.

TAG: colori, autunno, emozioni, Friuli Venezia Giulia, alberi, bosco

Autore: Alessandro Serena megazine@megmarket.it

 

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