Carnevale che cerca occhi e teatro di strada in piazza San Marco

Il racconto di Alessandro Serena

Carnevale che cerca occhi e teatro di strada in piazza San Marco

“Un tochetin de panetin” era il ripetuto motivo di Arlecchino, affamato tanto da legare un boccone di pane con lo spago, ingoiarlo e subito ritirarlo intatto con la preoccupazione di preservarlo pronto per una fame maggiore. Aveva raccolto un pezzo di pane duro e per spezzarlo e nasconderlo a chissà chi poi, ci si era seduto sopra saltellando e ripetendo quella frase “un tochetin de panetin” come un verso di gioia trionfante. Straordinaria scena recitata su un carro con baldacchino semichiuso da tele leggere e pieno di colori, posto in mezzo a piazza San Marco di Venezia. Forse era il carnevale del 1994, quando capitammo là in una splendida giornata di sole, affollata e felice di risate indimenticabili, con tanti bambini seduti ad arco a terra davanti al carro/palco e tanti adulti in piedi tutt’attorno, presi da emozionante incanto. Scene di raffinata ironia si susseguivano sul palco per gli intrighi di Colombina e Pantalone e Brighella e Rosaura, ma anche Pulcinella e Tartaglia, con strepiti, botti e rime affabulanti di goldoniana memoria. Ma l’Arlecchino era il perno delle storie, scendeva saliva saltava con piroette e gesti dinoccolati, scomposti e armonici insieme: una magia. Sotto quella maschera, la famosa baùta nera, e dentro quella tipica veste a trama geometrica di coloroni, stava credo Ferruccio Soleri. Il ricordo indelebile di quel fortunato incontro ci portò poi nel 2001 a Milano, al Piccolo Teatro, a rivedere quello straordinario Arlecchino e le sue esilaranti storie, interpretate ancora con grandi acrobazie e sapiente recitazione da Soleri, poco prima che abbandonasse quel ruolo che nel 2006 gli valse il leone d’oro alla carriera. Poi è finito anche nel Guinness dei primati, per la più lunga performance di teatro nello stesso ruolo. Oggi la baùta veneziana è diventata oggetto d’arte, assieme alle tante maschere che servono ancora a divertirsi e incantare almeno per un giorno. E a Venezia ne fanno di splendide, colorate, dorate, intriganti e interlocutorie, che affollano vetrine, banchi e pareti di curiose botteghe, dove attendono occhi e bocca di qualcuno, un’anima in sintonia che le interpreti, che le renda “personae” caratteristiche, com’erano chiamate nel teatro degli antichi romani, nelle commedie di Plauto, dove mostravano spiccate personalità fortemente comunicative. Anche se per questo carnevale hanno annullato il Volo dell’
Angelo in piazza San Marco tra campanile e basilica, di nuovo in campi e calli si possono incrociare splendide sfilate di preziosi costumi d’epoca e ingegnosi stravaganti travestimenti contemporanei, che sempre mostrano ricerca di bellezza e voglia di vivere, ma sempre cercano occhi pieni di meraviglia. Facile poi incontrare una nuova Smeraldina, giocosa verso un altro furbo Arlecchino, appunto “orbo de na recia e sordo de un ocio, Arlecchin batocio”.

Autore: Alessandro Serena megazine@megmarket.it

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