Interviste - 25 novembre 2020, 05:29

La chiave del successo? Essere se stessi e vivere le emozioni

Il fotografo influencer Roberto Pedi si racconta, fra lavoro, sport e amore per l'enogastronomia

La chiave del successo? Essere se stessi e vivere le emozioni

Attraverso i suoi scatti rende i protagonisti consapevoli attori delle loro storie. Ma oggi raccontiamo la sua storia. Nel farlo partiamo dall’oggi e poi andiamo alle origini. Perché è nel presente che Roberto Pedi, oltre a essere un fotografo riconosciuto per la sua professionalità, è un influencer a tutti gli effetti. Seguitissimo sui social, ha migliaia di follower e tantissimi like per ogni post.

Qual è il segreto del suo successo?

Urca! Cominciamo con una domanda facile. Innanzitutto è da stabilire se io abbia successo! Posto che ce l'abbia direi che la formula magica è quella di essere da sempre me stesso. Non ho mai modificato il mio modo di essere e di apparire agli altri in funzione del momento che stavo vivendo. Ho una naturale e spontanea dote di saper cogliere le situazioni che mi succedono e quindi le vivo con 5 minuti di anticipo. Detto questo diciamo che la mia capacità di stare con le persone e essere molto estroverso ha aiutato molto.  

Che cosa ama di più fotografare?

Sono nato come fotografo matrimonialista e quindi la risposta che mi viene spontanea è dire che amo fotografare le persone, soprattutto quando ci sono di mezzo emozioni. Questa caratteristica è rimasta, ma negli anni si è affinata ed evoluta. Le mie relazioni, soprattutto nel mondo della ristorazione e del turismo, mi hanno portato a ampliare i settori nei quali operare. E posso dire che in questo periodo nel quale gli eventi sono stati praticamente ridotti allo zero, la fotografia cosiddetta di Food e la Interior Photography mi stanno appassionando molto.  

Se dovesse raccontarsi attraverso i suoi scatti di che cosa ci parlerebbe?

Quando scatto una foto penso sempre al fatto di suscitare stupore in chi la guarderà. Sfuggo la banalità e l'ovvietà. Quindi parlerei di emozioni nel caso di fotografie alle persone e di punto di vista insolito nel caso di foto d'interni o di piatti da ristorante. Cogliere un attimo che faccia dire "Wow!" a chi guarda è la mia stella polare quando fotografo matrimoni. Invece un punto di vista inaspettato o poco comune è quello che mi pice cogliere nelle fotografie che realizzo alle strutture (alberghi, SPA, bar e altro). Anche quando fotografo i piatti mi piace essere insolito e proporre un'angolazione che spiazza. Sentirmi dire "si vede che è una tua foto..." a me piace più che sentirmi dire che è bella!   

Fra le sue specializzazioni ci sono la ristorazione e l’enogastronomia. Quali sono le esperienze fatte nel settore che ricorda con maggiore entuasiamo?

Poter stare nella cucina di un ristorante stellato e fotografare gli chef durante il servizio è una delle situazioni che mi danno più adrenalina di sicuro. Non scorderò mai la fiducia che mi ha accordato lo chef Emanuele Scarello del ristorante Agli Amici di Godia di Udine bi-stellato Michelin quando mi ha affidato il servizio dei 13 eventi durante tutto il 2017 quando hanno festeggiato i 130 anni di storia del ristorante. E la serata finale con 13 chef stellati Michelin di tutta Italia non la dimenticherò mai. Ma anche altri eventi sono stati indimenticabili. Come l'ultima edizione di Ein Prosit che mi ha visto nei panni di fotografo al Ristorante Vitello d'Oro di Udine dove si sono tenute le serate più prestigiose è un ricordo che fatica a svanire.

Attraverso la sua attività spesso si trova a raccontare il turismo enogastronomico. Che cosa pensa del settore?  

Il turismo enogastronomico è qualcosa che mi sta davvero a cuore. Credo che il potenziale del settore sia ancora molto sottovalutato. Chi va in vacanza cerca sempre più spesso delle esperienze nel mondo enogastronomico fra cultura, territorio e storia.  

Quali suggerimenti darebbe a chi ci lavora: cosa fare e quali errori evitare dal punto di vista fotografico?

E' sempre difficile generalizzare. Io direi che per non sbagliare mai bisogna lasciarsi guidare dalle emozioni e dalla passione. Raccontare il proprio territorio, la propria cultura e la propria storia con passione non può che scatenare emozioni in chi ascolta e vive l'esperienza. Dal punto di vista fotografico ho sempre messo la tecnica in secondo piano a fovore del cuore e dell'emozione. Suggerirei di farlo anche in questo caso.  

Qual è il suo piatto preferito?

Sinceramente adesso che ci penso non credo di avere un piatto preferito.  Di sicuro mi piacciono piatti minimal dove i sapori sono molto riconoscibili. Poche cose nel piatto, ma con gusti precisi. Adoro le zuppe povere, i minestroni, le ribollite insomma le minestre che le nostre nonne facevano con gli avanzi della cucina dei giorni precedenti. Non per ripetermi ma trovo che abbiano dentro la passione, la dedizione, il cuore e quel particolare "senso di necessità" che me le fanno amare e che mi permettono di tornare a respirare l'aria dei tempi andati.

Lei cucina?

Ho una compagna e una mamma che mi coccolano tantissimo. Il 90 per cento dei miei amici più cari sono chef o ristoratori, anche volendo non potrei proprio cucinare, ma sono un commensale molto attento e amo discutere di cucina, in particolare delle tecniche che vengono utilizzate dagli chef o dai confronti con i grandi piatti del passato e da questa corsa alla rivisitazione. Comunque posso dire che in cucina sarei autosufficiente ma non sarei uno chef stellato!  

Che cosa fa nel tempo libero?

Cammino tantissimo. Nel mio paese, Osoppo, in provincia di Udine c'è il Parco delle Risorgive, che noi osovani chiamiamo "Il bosc" e ci consente ore di camminate all'aria aperta e con paesaggi inimitabili. Mi piace la montagna, d'estate e d'inverno, sciare. Gioco a golf e a tennis. Amo andare al cinema, soprattutto il lunedi pomeriggio al primo spettacolo. Stare con gli amici. Guardare sport e serie in TV. Leggere.    

Quando nasce la sua passione per la fotografia?

E' un discorso lunghissimo. Diciamo che mi sono accorto che la fotografia fosse una vera passione attorno al 2000. Ma preferisco dire che la fotografia è stata lo strumento che mi ha permesso davvero di tirare fuori il Roberto Pedi che cercava la sua crescita personale. Sinceramente io non mi sento un "fotografo" mi sento più una persona attenta a quella gli succede attorno e attenta e stabilire relazioni con gli altri. E la fotografia mi ha permesso di farlo.    

Cosa sognava Roberto Pedi da bambino?

Ho sempre avuto due sogni: diventare uno sportivo professionista o un critico cinematografico. Direi che per il momento siamo a 0 su 2! Oggi sogno di raccontare esperienza in bici e a piedi, scoprendo territori, culture, storie. Un sogno che ho iniziato a realizzare e che spero di continuare a vivere per molto tempo. 

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