Tutto il green che c'è in noi. Ecco Therapeutic Landscape

Il termine è stato introdotto nella letteratura scientifica in epoca recente, per identificare le interazioni ambientali con la percezione di benessere che possono suscitare nell’uomo

Tutto il green che c'è in noi. Ecco Therapeutic Landscape

Per parlarvi di Therapeutic Landscape vorrei aprirvi le porte di un mondo magico: quello di Hayao Miyazaki e dei suoi film di animazione, prodotti dallo Studio Ghibli.

Un mondo fatto di incantevoli scene in cui la natura incontaminata, le montagne, le colline, i campi e le risaie fanno da sfondo a storie fantastiche di amicizia e di lotta per i propri ideali; scene che si configurano in un mondo dove la riscoperta della natura è sempre in primo piano.

La potente forza di questi sfondi naturali, creati dalla matita dell’animatore giapponese, non sono solo un contorno statico, ma diventano protagonisti assoluti nelle dinamiche di sopravvivenza tra la natura e la sua distruzione.

In «Il mio amico Totoro» o in «La principessa Mononoke», per citare solo alcuni esempi, lo Spirito della natura diventa l’alleato più naturale dell’uomo per sconfiggere la devastazione del mondo causata dall’avidità delle persone. Forse potremmo pensare che questi esempi e queste metafore, restino solo questioni teoriche, distanti dal nostro vivere quotidiano e dalle nostre esigenze edonistiche, ma invece queste accezioni sono esigibili in ogni istante, basti pensare che ogni fatto che ci accade trae i suoi motivi temporali dall’ambiente in cui si verifica.

Ecco perché gli scenari della natura svolgono una funzione sull’uomo da lunghissimo tempo. Ogni atto compiuto da esseri viventi è condizionato da palesi od occulte componenti ambientali; che lo vogliamo o no, siamo in balia di queste forze. Se pensiamo al nesso di relazione tra una pianta e l’ambiente in cui interagisce o tra un animale e il suo habitat, a maggior titolo, e per un più complesso ordine di legami, sono in relazione uomo e ambiente.

Il termine Therapeutic landscape è stato introdotto in letteratura scientifica in epoca recente, precisamente nel 1992, dal geografo statunitense, Wilbert M. Gesler, con lo scopo di identificare le interazioni ambientali con la percezione di benessere che possono suscitare nell’uomo. L’autorevole pedagogista e filosofo John Dewey scrisse a tal proposito, alcuni anni prima: «L’ambiente è l’insieme delle condizioni che promuovono, implicano, stimolano o inibiscono le attività caratteristiche di un essere umano». In ogni sua azione, dunque, ambiente e uomo si riconoscono in una posizione di reciproca dialettica che non è un assorbimento di uno da parte dell’altro, né un dogmatico dualismo, ma un rapporto proficuo di elementi in funzione di una visione di vita sociale, culturale e di benessere.

Per facilitare la scoperta del potere dei paesaggi naturali, mi piace sempre citare il cronometraggio d’animazione «L’uomo che piantava gli alberi», dell’illustratore francese Frédérick Back, vincitore del premio Oscar per il miglior cronometraggio d’animazione nel 1988, basato sul racconto omonimo di Jean Giono. Una storia profonda che ci prospetta la centralità del tema del paesaggio e del suo rapporto con l’umanità. Elzéard Bouffier, un pastore semplice e silenzioso, piantava ghiande nelle lande desolate sui monti della Provenza, consapevole che quei villaggi arroccati, in quei paesaggi spogli, erano destinati a morire se non si cambiava lo stato delle cose. Villaggi rudi con nuclei familiari esasperati da un egoismo sottovuoto, pieni di vizi e di rancori; diventeranno, grazie al potere degli alberi, paesi rinati. 

La reazione della natura, ripristinata a poco a poco dal pastore francese, fa rinascere un ambiente che cambia assieme alle persone che lo vivono. La mente umana crea un'empatia, una specie di identificazione nella natura e nell’ambiente circostante e ne stabilisce un contatto efficace creando, ove il paesaggio fosse estremamente bello, le condizioni propedeutiche ad uno stato di benessere.

Ma quali sono i punti di forza e le caratteristiche che deve avere un paesaggio? Il professore di psicologia dell'Università del Michigan, Stephen Kaplan, noto per le sue ricerche su ambiente e psicologia, negli anni novanta, elabora la ART (Attention Restoration Theory), in cui definisce quali sono le caratteristiche ambientali che deve avere un paesaggio per essere rigenerante ovvero: begin away, extent, fascination e compatibility. Riassumendoli brevemente la capacita che deve avere un paesaggio: di portarci altrove essendo fisicamente diverso dal nostro ambiente quotidiano; di farci percepire l’estensione della scoperta e dell’esplorazione; di essere attrattivo determinando una sorta di fascino emozionale e di interagire con le nostre aspettative. Ognuno trova dentro di sé e attraverso i suoi viaggi il suo paesaggio rigenerante, ma il futuro ci deve prospettare politiche pubbliche di rigenerazione urbana il più possibile vicine alle caratteristiche della Attention Restoration Theory. Perché in fondo tutti dovremmo seguire le orme di Elzéard Bouffier, ricordandoci, come scrisse Giono: «che anche le mani e l’anima di un uomo, senza mezzi tecnici, possono essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre alla distruzione»  

TAG: therapeutic landscape, natura, attention restoration theory

Autore: Carlo Gambino megazine@megmarket.it

 

 

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