La sfida della montagna passa dal Recovery Plan

Carlo Gambino: "Sono 74 i miliardi dedicati al Green, sarebbe il tempo giusto per restituire alla montagna una risposta concreta al sacrificio di sempre"

La sfida della montagna passa dal Recovery Plan

Sulle alpi italiane vivono 14 milioni di persone, e di questi uno su cinque dipende direttamente dai turisti e uno su otto indirettamente.

Gli amanti dello sci sulle Alpi possono trovare circa 2 mila impianti di risalita e circa 400 società che danno lavoro a numerosi nuclei famigliari.

Chi vive in montagna sa perfettamente il valore della povertà, della crisi e di una speranza di vita legata alla natura e alle sue stagioni. Il progresso tecnologico, negli ultimi decenni, ha certamente dato un nuovo futuro alle nostre montagne, ridando loro quell’autorevolezza e quella dignità che nei secoli passati spesso non era percepita.

Indubbiamente, la pratica dello sci da discesa è stata trainante in questo senso, favorendo numerose attività economiche nelle aree montane, ma sia la pandemia in corso sia le ricorrenti pratiche di innevamento artificiale, con l’inevitabile aumento di consumi idrici e i notevoli costi fissi; richiedono una rielaborazione e una diversificazione del turismo in montagna che volga lo sguardo alla sostenibilità e alla destagionalizzazione.

Inoltre, la concorrenza di stazioni sciistiche europee ed internazionali e la difficoltà ad acquisire nuovi mercati, ci dovrebbero portare a dialogare con la montagna e con le sue genti, spingendo un turismo più lento e consapevole dei limiti che queste zone hanno in termini di infrastrutture, di spazio e di rispetto verso la natura.

Prendere atto di queste problematiche da parte di chi deve gestire le nostre montagne negli anni futuri deve essere d’obbligo, per porre in essere politiche di diversificazione e rielaborazione del turismo in montagna.

Interessante a tal proposito il dossier di «Repubblica»: «Il grande freddo - La crisi della montagna: un viaggio nell’inverno delle Alpi isolate dal virus», a cura di Carlo Bonini e Giampaolo Visetti. Fra i tanti interventi significativo quello di Reinhold Messner che definisce questa situazione, legata alla pandemia, come un «letargo umano», spiegando che nei masi: «i contadini e gli animali sono tornati tranquilli. Si muovono poco, come una volta. Gli uomini riprendono in mano gli attrezzi dei padri e vengono riaccese le stufe a legna».

La montagna, dunque, come ci suggerisce il re degli 8000, si può gustare anche senza la tecnologia, trasformando quell’esigenza contemporanea di arrivare subito in vetta in un incontro lento tra l’uomo e l’ambiente montano.

Si tratta di avere una nuova idea di come frequentare la montagna: un cammino rispettoso delle stagioni che passi dalla lentezza e dalla voglia di conoscere l’ambiente che ci circonda per farne una nuova economia che guardi al futuro, con accuratezza e innovazione.

Al di là delle pure questioni ambientaliste, si tratta invece trovare il giusto equilibrio tra la necessità di difendere le terre montane dal collasso che causerebbe l’alta affluenza, sia dal declino per la totale assenza di visitatori in zone montane altrettanto significative.

Artigianato, prodotti tipici, agricoltura montana, valorizzazione dei beni ambientali e culturali, la diffusione dei servizi essenziali, l’apertura al microcredito: sono solo alcune proposte economiche e sociali che dovrebbero spingere i giovani a crearsi un lavoro, supportati da politiche pubbliche che vadano in questa direzione.

L’Italia ha moltissime zone montane e rurali sconosciute, che possono diversificare l’offerta turistica e allo stesso modo rubare qualche turista alle stazioni montane più gettonate per riequilibrare il turismo della montagna.

Queste zone spesso fragili e limitate in termini di spazio ma con peculiarità naturalistiche di assoluto valore, hanno bisogno di essere valorizzate attraverso un turismo di nicchia e innovativo per garantire gli stessi fatturati e una qualità di vita pari alle grandi stazioni turistiche.

È il tempo giusto per capire e sapere dove investire i 74 miliardi dedicati al Green del Recovery Plan.

Tag: Recovery Plan, Carlo Gambino, Commissione Europea, bandi, imprese

Autore: Carlo Gambino veneto@megmarket.it

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