Agroalimentare: l'estero resta la nostra carta vincente

"I prodotti enogastronomici italiani sono i più amati del mondo, ma a volte l'Italia se lo dimentica" sostiene l'esperto di marketing Vincenzo La Croce

Agroalimentare: l'estero resta la nostra carta vincente

Vincenzo La Croce, Lei ha una lunga esperienza nel settore marketing e gestione aziendale in particolare nell'agroalimentare. Quali sfide nel presente di questo settore? E quali nel futuro? 

Le sfide attuali e future dovranno tener per forza in considerazione il problema COVID19 che ha mandato un intero settore in crisi, quello dell'HORECA, mantenendo peró in buona salute la Media e Grande Distribuzione e i negozi di prossimitá.

In crescita anche l'acquisto online di prodotti alimentari. un recente studio di Deloitte con Confindustria e Intesa - San Paolo multisettoriale, ma valido assolutamente anche per l'agroalimentare, rileva come tra gli imprenditori si tracciano tre linee da seguire per uscire dal tunnel: capacitá di innovare; internazzionalizzazione e diversificazione; stabilitá finanziaria.

Mi soffermerei sulle prime due voci e traccerei il futuro nella capacitá di innovare che nell'agroalimentare significa: ottimizzazione dei processi produttivi, filiera corta, sostenibilitá ambientale, sociale ed economica.

Inoltre bisogna rafforzare la presenza sui mercati internazionali attraverso una maggiore capacitá di conoscere i mercati, di verificare come la tradizione culinaria italiana puó convivere con quella del Paese, qualitá del prodotto, nuovi approcci commerciali.

Credo che il futuro sia questo e dobbiamo cominciare giá ora a costruirlo

Lei conosce bene la filiera FAS. Qual è la sua valutazione del progetto?

Un progetto che ha una visione in linea con il futuro: i temi sono quelli della qualitá, della sostenibilita, della valorizzazione della filiera, del benessere animale.

Il tutto finalizzato alla produzione di uno dei prodotti italiani piú apprezzati e conosciuti il Prosciutto San Daniele DOP.

Il progetto nasce per creare valore aggiunto e per sostanziarlo con la trasferibilitá dello stesso sui mercati. 

Lei ha parlato di valore aggiunto e trasferibilità, due parole chiave che sono centrali per il lavoro svolto dalla filiera. Il marketing che ruolo gioca su questi due fronti?

Rispondo con una domanda che di fatto contiene la risposta a questo e a molti altri interrogativi che quotidianamente il mercato ci pone. Qual é il ruolo principale del Marketing se non quello di aumentare il valore percepito di un prodotto sul mercato?

E come non farlo maggiormente quando ci sono tutti gli elementi idonei, a partire dal valore aggiunto al prodotto finale dato dall'ottimizzazione della filiera alla base del prodotto stesso, e come non immaginare un piano di "trasferimento" dei valori di questo plus al pubblico di riferimento sui vari "mercati obiettivo".

Valore aggiunto e trasferibilitá sono interconnessi, la capacitá di crerae valore é direttamente proporzionale alla sua trasferibilitá. Se non trasferisco il valore al mercato non ha senso neanche la sua creazione. 

Nell'epoca in cui molto è moda, e tanto diventa forte quanto scompare, quale approccio va mantenuto da una struttura di filiera come FAS per essere durevole nel tempo?

Far diventare il processo di filera un Valore, le mode passano i Valori no. Se la filiera continua a lavorare in modo sinergico e organico alla ottimizzazione delle varie fasi, aggiungendo periodicamente un "pezzettino" in piú, si completerá un puzzle che determinerá il successo sul mercato in modo duraturo.

La qualitá non teme il tempo, anzi con il tempo il pubblico la apprezzerá sempre di piú e nell’immaginario del consumatore, quel prodotto si affermerá perché figlio di una filiera virtuosa. 

E concludiamo sul suo settore: il marketing. Quali errori non si dovrebbero mai compiere e quali cose invece sono indispensabili per il successo di un progetto?

L'errore piú comune che ho riscontrato nella mia ormai ventennale esperienza é la superficialitá.

Spesso progetti davvero interessanti sono morti sul nascere perché all'analisi si é preferita la velocitá di esecuzione, l'improvvisazione basata sulla sensazione.

Non funziona quasi mai cosí, un'idea progetto va approfondita, va studiata, va confrontata con quello che c'é sul mercato e con quello che il target obiettivo realmente vuole, va monitorata ed eventualmente "aggiustata" laddove si scoprono possibili gap o mancanze.

Ho visto progetti abbastanza banali avere successo perché studiati e pianificati, cosí come ho visto buttate al vento idee geniali per incapacitá di inquadrarle nel modo giusto, non secondo il piacere dell'imprenditore, ma funzionali alla reale esigenza di mercato. 

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