In Lucania accompagnati da ArcheoRoberta

"Bisogna promuovere un turismo culturale di qualità, più lento, profondo e attento al piacere della conoscenza dei paesaggi e delle comunità"

In Lucania accompagnati da ArcheoRoberta

"In Basilicata siamo pieni di arte, storia, natura, un territorio eterogeneo che si lascia amare da ogni tipo di viaggiatore, una terra introversa che non si concede facilmente ma che poi, pian piano, si offre completamente scavando nel profondo del cuore di chi la visita - dice Roberta D'Agostino, archeologa di Potenza -. Ecco, forse questo mi affascina della mia terra e mi porta ad amarla profondamente. La Basilicata non fa rumore ma suona toccando le corde dell’anima".

Roberta, giovane e appassionata di cultura e turismo sta lavorando in Basilicata in progetti che uniscono i due settori. Una sfida importante per una terra straordinaria che ha ancora molto da far scoprire di sè.

Da dove nasce un amore così sconfinato per la sua terra?

Non so se quello che sto per dire sia comune a tutti gli individui, ma penso che il legame con la propria terra sia di fondamentale importanza per la vita di ognuno di noi. Un legame, devo essere sincero, non sempre idilliaco, anzi molto spesso conflittuale, ma lo si voglia o no, i luoghi da dove veniamo e dove siamo cresciuti ci plasmano ed influiscono su di noi e contribuiscono, inevitabilmente, a foggiare la nostra identità. Mi riconosco in pagine molto belle scritte da Cesare Pavese nella “Luna e i falò” dove il protagonista parla del proprio paese, Canelli, così: “Canelli è tutto il mondo”. Credo che tutto il mondo possa trovarsi nel luogo in cui si nasce, o per lo meno una parte essenziale della propria esistenza. Ho girato, vissuto in diversi luoghi ma ripeto sempre che il mondo è lì, nel mio paese, nella mia terra, tra i suoi luoghi, tra la mia gente. Avere la propria terra nel cuore significa sentire forte l’appartenenza e portare le radici dentro di sé, è farla divenire un’identità, una necessità. Amarla significa studiarne le potenzialità, aprire cantieri culturali, è difenderla, è lottare.

Qual è la motivazione che l’ha portata a intraprendere il suo percorso di studi?

Sin da quando ero bambina sono sempre stata affascinata dalla storia e fin da quando ho memoria mi sono sempre interessata a tutto ciò che era antico, se a tutto questo aggiungo le letture affascinanti, come i racconti dello scopritore di Troia, Heinrich Schliemann, e i numerosi viaggi, allora la mia passione trova subito terreno fertile. Forse è sempre stata un’essenza che si respirava a pieni polmoni nella mia casa, quasi come se fosse scontato emozionarsi davanti ad un racconto del passato o ad un libro o un oggetto antico. Sono sempre stata catturata dall’idea del tempo, il tempo inteso come “immortalità delle cose”. A mio modesto parere l’immortalità è la poetica dell’archeologia e l’archeologo è un poeta delle nostre tracce. L’archeologia è l’unico modo per comprendere il presente, è una grandissima lente interpretativa. Noi archeologi abbiamo sempre il tempo in mano, lo maneggiamo nella terra dello scavo, siamo in grado di creare sincronicità fra i vari tempi del passato, del presente e del futuro rintracciando il coro profondo. Il nostro è un bisogno di memoria, un bisogno impellente di ri-cordare, un desiderio di far respirare ciò che sembra non esserci più.

Che cosa si intende per archeologia?

L’Archeologia per un archeologo è difficile da definire, si fa fatica a guardare a questa disciplina con il giusto distacco critico poiché c’è una forte componente emozionale. E’ sicuramente un modo per leggere il mondo, ciò che ci sta intorno, è la chiave di lettura del presente. L’archeologo cerca di riconoscere, costantemente, le tracce che ha sotto gli occhi, sul terreno, sugli edifici, negli oggetti. E’ una sorta di disciplina investigativa che raccoglie tutte le informazioni possibili sul caso che deve risolvere, le analizza e cerca di individuare il legame che c’è tra loro per raccontare una storia. Ecco, l’archeologia è un modo di raccontare storie e lo fa attraverso gli oggetti che ci parlano. L’Italia ha un patrimonio culturale straordinario che va ben oltre ciò che è più noto.

Come si possono far avvicinare più persone alla cultura?

Bisogna innanzitutto percepirne il valore. Come si può tutelare un patrimonio culturale se molti non ne percepiscono il valore? Si dovrebbe aprire, includere, creare “comunità di patrimonio”, mi viene in mente l’esperimento fatto a Napoli nelle catacombe di Rione Sanità, dove grazie ad un’iniziativa dal basso, il patrimonio da lavoro a decine di ragazzi mettendo in moto un’economia di qualità, si è sviluppato il turismo e soprattutto si è creata una comunità di patrimonio nel quartiere. Allargare il campo delle persone che considerano essenziale la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale. Rendere la cultura realmente democratica e non elitaria, promuovere un turismo di qualità, più lento e più profondo, meno consumistico e più attento al piacere della conoscenza dei paesaggi e delle comunità. La Valorizzazione dei nostri beni culturali, poi, passa inevitabilmente dalla promozione.

In che cosa consiste una promozione vincente, secondo lei?

L’Italia pur essendo uno dei paesi con il patrimonio storico, archeologico e culturale forse di più vasta portata al mondo non riesce a vivere di turismo. Per fare promozione ci si dovrebbe innovare e trovare anche canali nuovi, organizzare eventi quali spettacoli teatrali in prossimità dei siti archeologici e culturali, utilizzare i canali social per diffondere la cultura dei nostri territori, partire dalla cultura delle tradizioni per far conoscere il territorio, creare  dei validi prodotti multimediali da proiettare nelle città, da diffondere sui canali social. Promuovere un sito archeologico significa far conoscere la sua importanza attraverso studi, ricerche. Ma purtroppo sono anni che si lamenta il fatto che gli investimenti nella cultura e nella ricerca nel campo dell’archeologia in Italia siano davvero pochi.

Quali sono i siti lucani imperdibili per un turista?

C’è davvero l’imbarazzo della scelta perché la Basilicata vanta siti archeologici molto rilevanti. Se si considera il fatto che si tratta di una terra teatro di numerose influenze e luogo di numerosi contatti di genti provenienti da ogni dove si capisce il motivo di aeree archeologiche di tale pregio. Da qui sono passati Greci, Sanniti, Romani, Bizantini, Longobardi, Normanni. Penso, ad esempio, all’importante documentazione archeologica rinvenuta nel comprensorio del Vulture-Melfese custodita, oggi, all’interno del Museo archeologico nazionale di Melfi e all’interno del castello normanno-svevo, penso a Metaponto “capitale” della Magna Grecia con il suo parco archeologico e le aree delle Tavole Platine, penso al sito paleolitico di Atella, al territorio di Vaglio con la sua preziosa area sacra ed il santuario extra urbano dedicato a Mefitis, al Museo Dino Adamesteanu di Potenza sede espositiva dei materiali vari di Basilicata, al parco archeologico di Venosa e alla sua imperdibile Incompiuta, all’area archeologica della torre di Satriano. Insomma bisogna solo venirci in Basilicata per scoprire le sue innumerevoli bellezze.    

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