"Non si può amare se non il bello", come Sant'Agostino disse

Alessandro Serena: "La nostra parola iniziale si chiama bellezza che è la chiave per vivere una felicità in itinere che è via di salvezza quantomeno dai quotidiani affanni"

"Non si può amare se non il bello", come Sant'Agostino disse

Allora guardare, guardare bene: non si è felici quando si vede qualcosa di bello? E non si esclama: “che bello! Quando si è felici?". 

Il problema, che l’andare in giro a visitare aiuta a superare, è passare dal guardare il mondo fuori, al sentire la verità e l’amore dentro di sé.

Forse proprio la bellezza è la chiave per vivere una felicità in itinere che è via di salvezza quantomeno dai quotidiani affanni.

Qui entra in gioco la fede, che non posso disconoscere.

Eppure anche chi non crede in fondo cerca sempre di ottenere l’emozione di una briciola di bellezza, magari con il possesso di qualcosa in più, che sia dunque un miglioramento di vita, secondo la propria cultura, i propri canoni di comprensione.

Da ciò probabilmente l’illusione che la bellezza sia un fatto soggettivo per cui è bello ciò che piace.

Così invece sant’Agostino: “Tardi ti amai, Bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai! Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo; deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature”, (Confess. 10, 27, 38).

Il prodotto più ampio e sofisticato della cultura teologica moderna riguardo la “percezione della forma”, è l’opera di H.U. von Balthasar, Gloria (Herrlichkeit).

E parte proprio dalla bellezza: “La nostra parola iniziale si chiama bellezza. La bellezza è l’ultima parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che incoronare, questa aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto”.

Del resto in Genesi: “E Dio vide che ciò era bello/buono” (calos cai agaθos) il che dice l’inseparabilità di bellezza e bontà agli occhi del Creatore, assoluto e primo artista e padre di ogni artista.

Allora: l’uomo d’oggi ha più facilità, più coscienza, più cultura per essere felice?

Forse ci sono più possibilità, più strade, magari molto trafficate, e anche più rischi di perdersi anziché ritrovarsi.

Siamo capaci di lasciare che dentro di noi risuoni l’armonia di un paesaggio, che sia un centimetro quadro di erba o un panorama conclamato come splendido, o uno che si direbbe un brutto buco di mondo da rendere più dignitoso?

Siamo ancora capaci di incanto? Di cercare l’incanto? Di trovare il bello?

Le vere opere d’arte sono lì per questo, sono tante e ancora ci attendono.

Autore: Alessandro Serena megazine@megmarket.it

 

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