Musica e Mosaico: ritmo e gioco fra tempo e spazio

Alessandro Serena: "E’ sempre una musica interiore che spinge l’artista a cercare nuove espressioni di vita e nuove forme in grado di far risuonare, allo sguardo dell’anima, i lampi della poesia e della bellezza"

Musica e Mosaico: ritmo e gioco fra tempo e spazio

Il termine musica deriva dall'aggettivo greco μουσικός/mousikos, relativo alle Muse, figure della mitologia greca e romana, che rappresentavano l'ideale supremo dell'Arte, intesa come verità del "Tutto".

Il termine mosaico è fatto derivare dal greco μουσαικόν (musaikòn), cioè "opera paziente degna delle Muse"; in latino veniva chiamato opus musivum, cioè "opera delle Muse" oppure "rivestimento applicato alle grotte dedicate alle Muse stesse".

Era usanza degli antichi romani costruire nei giardini delle ville grotte e anfratti dedicati alle Ninfe (ninpheum) o Muse (musaeum), decorandone le pareti con sassi e conchiglie.  

Quindi musaeum o musivum indica la grotta e opus musaeum o opus musivum indica il tipo di decorazione murale. In seguito si affermò l'uso dell'aggettivo musaicus ad indicare l'opera musiva.

Musaeum è dunque il luogo che nell’antichità era dedicato alle Muse, protettrici delle arti, luogo sontuoso e raffinato di decorazione parietale e dove i ricchi romani si riunivano per ascoltare musica e parlare di arte.

Così anche noi realizziamo un nuovissimo e particolare Musaeum.

Sono cresciuto a Spilimbergo città del mosaico, ottavo figlio, in una famiglia dove tutti hanno condito la vita propria e della comunità con la musica, io stesso 'frequento' il pianoforte e ho organizzato molti concerti di musica classica e molte tournée all’estero, cantando, nel più bel coro polifonico del Friuli, Palestrina e Monteverdi, ma anche Vivaldi, Bach e Mozart, in posti di prestigio.

Così ho vissuto e vivo la musica come una danza dello spirito.

E se la musica è ritmo e gioco che si sviluppa nel tempo, credo che il mosaico sia ritmo e gioco creato nello spazio.

E’ sempre una musica interiore che spinge l’artista a cercare nuove espressioni di vita e nuove forme in grado di far risuonare, allo sguardo dell’anima, i lampi della poesia e della bellezza.  

Cos’è il mosaico?

Il modo più ambizioso di arricchire la vita con suggerimenti di bellezza.

Una musica solida, fatta di tessere colorate, ritmi, armonie, tese a catturare bellezza.

Nel mondo greco, già a Gordio nell’VIII° secolo a.C., come nella reggia di Filippo il Macedone nel IV° secolo avanti Cristo, a Pella, sono stati rinvenuti inserti pavimentali musivi fatti di piccoli ciottoli colorati, ordinati in un disegno: allora avevano trovato un modo per rendere funzionale un’immagine, fissare un concetto, un racconto.

L’impero romano, avendo assorbito le migliorie e le ricercatezze del mondo greco che a sua volta aveva amalgamato le culture orientali, diffuse nel mondo una cultura di pavimenti di pregio in mosaico, con l’uso della tessera e con la distinzione operativa tra “pictor imaginarius”, l’inventore, il designer diremmo oggi, e il musivarius, in pratica l’artigiano mosaicista, tanto che il mosaico divenne l’arte romana per eccellenza (Aquileia ne è ancora uno stupendo esempio).

I paleocristiani, poi i Bizantini hanno riversato l’arte musiva su volte e pareti, decorandole con dovizia di smalti e madreperle, a maggior gloria di Dio, portando il mosaico a diventare un fortissimo elemento architettonico (esempi lampanti sono santa Sofia a Costantinopoli, e san Vitale a Ravenna).

Nel medioevo è la basilica di San Marco a Venezia la più stupefacente sintesi dell’uso prezioso del mosaico.

A Venezia, le maestranze friulane esperte in pavimenti a terrazzo, si specializzarono anche nell’arte del mosaico parietale grazie al cantiere sempre attivo della Basilica di San Marco. Uno di loro, “Domenico Bianchini”, (di origine spilimberghese), nella seconda metà del ‘500, mosaicista e suonatore di liuto, di giorno creava mosaici parietali con angeli, arcangeli, storie del Vecchio e Nuovo Testamento su cartoni del Tintoretto nella Basilica di San Marco, di sera intratteneva i nobili con sue composizioni e concerti musicali nelle lussuose case affacciate sul Canal Grande.

Quando un mosaico è fatto bene, abilità e senso estetico trasformano un oggetto fatto interamente a mano in un evento unico ed irripetibile e possiamo veramente goderne meravigliati.

Affascinati dalla possibilità infinita di giocare con segni e significati, di offrire emozioni di colore in una sinfonia di geometrie armoniche, possiamo scoprire, come in uno spartito musicale, ogni volta un nuovo capriccio, una sarabanda, un concerto, con ritmo brioso d’oro e d’argento, fatto prezioso come il tocco sui tasti, nel gioco della luce su tessere minute, composte con paziente impronta del lavoro dell’uomo e della sua mira continua a cercare bellezza.  

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Autore: Alessandro Serena megazine@megmarket.it

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