Mittelfest: un sogno diventato realtà

Quando fu "buona la prima, per Dante, per la musica, per la cultura"

Mittelfest: un sogno diventato realtà

30 anni fa iniziava a Cividale del Friuli l’avventura del Mittelfest.

Il 21 luglio nella corte di villa De Claricini si rappresentò, con l’orchestra Alpe Adria Ensemble diretta da René Clemencic e vari solisti, l’operina “Le devin du village” (l’indovino del villaggio) che il filosofo Rousseau aveva scritto nel 1752 per promuovere i canoni estetici del nuovo teatro comico napoletano, quale “La serva padrona” di Pergolesi, nel mondo culturale parigino dell’epoca ancora legato al sogno arcadico, che metteva in scena intellettuali coi nomi greci travestiti da pastori.

Rousseau propone il suo ideale di vita felice, nella semplicità della vita campestre, incorrotta e difesa dall’uso scaltro della ragione. Rappresentata l’anno successivo con grande successo, divenne schema per altri e altre opere, compreso il “Bastien und Bastienne” di Mozart.

Dunque la proposta della direzione artistica musicale di Carlo de Incontrera partiva da lontano, dall’esempio per la disquisizione filosofica di Rousseau sulla musica, che comunque recepiva cultura italiana.

Ci stava bene poi anche il concerto di polifonia del coro Tomat al teatro Ristori sei giorni dopo, titolato “Sacro e Profano tra ‘500 e ‘900” con un programma di alto livello, anzi da brivido: dallo “Stabat Mater” di Palestrina al “Warum?” di Brahms, dai madrigali di Marenzio e Monteverdi al “Coro delle malmaritate e Coro dei malammogliati” di Dellapiccola.

Il nostro grande maestro Giorgio Kirschner ci spremette per bene. Poi ci fu l’indimenticabile notte per Dante Alighieri con tutta la sua Divina Commedia, indimenticabile anche per noi del coro, ingaggiati dal regista Federico Tiezzi.

Per la prima volta venivano rappresentati ‘dal tramonto all’alba’ tre spettacoli: “Commedia dell’inferno -- un travestimento dantesco” di Edoardo Sanguineti, “Il purgatorio – la notte lava la mente” di Mario Luzi, “Il paradiso – perché mi vinse il lume d’esta stella” di Giovanni Giudici. Per fortuna non ci mandarono all’inferno! Sulla riva del placido Natisone aspettammo la barca che traghettava Dante e Virgilio, cantando il “Super flumina Babilonis” di Palestrina.

Avremmo dovuto cantare ancora altro, ma l’improvviso e inaspettato tonfo dell’attore Riondino che nella recitazione si lasciò cadere all’indietro in acqua sollevò tanti spruzzi e urla di stupore, tra il pubblico sul ponte e i riflessi della luna piena sul Natisone e fu così magico che ci fece desistere.

Un paio di ore dopo, dietro il duomo ed un sipario in ombra, fummo messi a blaterare in vari toni e modulazioni la frase “adhaesit pavimento anima mea”, come pentimento in purgatorio del papa Adriano V (che nella scena passava là sotto), per la sua cupidigia e brama di potere.

Sul far dell’alba finimmo poi in paradiso. Dentro una chiesetta discosta dal centro, appena dietro al carro di Beatrice tutta infiorata, lo “Jubilate Deo” di Giovanni Gabrieli a 8 voci intonato al buio dalle donne del coro mentre si apriva la porta e la luce inondava la scena, fu celestiale, proprio angelico.

Spettacolo magnifico, Dante contento credo, noi sfiniti dalla concentrazione e dal patos, persi definitivamente nella bellissima musica.

E sembra ancora un sogno.

Autore: Alessandro Serena megazine@megmarket.it

 

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